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Corriere dello Sport, mercato e bilanci: parla il dg della Figc Michele Uva

5 Gennaio 2017

"Regole chiare e niente deroghe" PUBBLICHIAMO INTERVISTA DEL CORRIERE DELLO SPORT A FIRMA DI STEFANO CHIOFFI AL DIRETTORE GENERALE DELLA FIGC MICHELE UVA

I bilanci dei club, il piano di risanamento del calcio italiano, la ricerca di un punto di equilibrio per la sostenibilità economico-finanziaria, i nuovi parametri per l’iscrizione al campionato, l’obbligo di coniugare budget e investimenti sul mercato, la riscoperta del valore dei settori giovanili, l’evoluzione della Nazionale di Ventura e il traguardo del Mondiale in Russia: Michele Uva, 52 anni, direttore generale della Figc da ventisei mesi, docente in management delle organizzazioni sportive allo Iusm (Istituto Universitario di Scienze Motorie), un percorso professionale cominciato nel 1985, affronta ogni tema.

Tre miliardi e 700 milioni di euro di fatturato, oltre un miliardo versato al Fisco, 609.709 partite ufficiali in un anno, più di un milione di giocatori tesserati, 13.491 club, 61.435 squadre, 235.676 dirigenti: sono i numeri del calcio italiano in base agli ultimi report del vostro Centro Studi e al Bilancio Integrato della Figc nel 2015. Direttore Uva, come giudica lo stato di salute dell’industria del pallone? Prevalgono segnali di stabilità e di ottimismo? L’allarme è rientrato?

«Il giudizio complessivo riflette sicuramente dei segnali positivi. Il bilancio della Federazione è solido e gode di un’ottima patrimonializzazione e il calcio dilettantistico, come messo in evidenza dalla Figc nel primo Conto Economico del Calcio Italiano, rappresenta un miliardo di fatturato di- retto ed è sostanzialmente in equilibrio, quindi non desta preoccupazioni. E’ Il calcio professionistico che continua a perdere, ma l’introduzione graduale dal 2015 di una nuova regolamentazione tiene sotto controllo i principali parametri sportivi, economi- ci e finanziari. Non possiamo dire che l’allarme sia rientrato perché alcune società devono ancora allenarsi a saper programmare, a coniugare calcio e risorse finanziarie. Anche questa finestra di mercato sarà importante».

Mercato e bilanci, investi- menti e parametri da rispettare. Dal 2018 muteranno i criteri di iscrizione al campionato: saranno legati all’indicatore di liquidi- tà, al rapporto tra indebitamento e valore della produzione, tra costo del lavoro allargato e ricavi ordinari. «Il percorso intrapreso dalla Federazione con l’obiettivo della solidità del movimento è graduale e la piena applica- zione dei criteri per l’iscrizione sarà effettiva con il campionato 2018/2019 con l’ingresso dell’obbligo del pareggio di bilancio. Nel frattempo, però, il rispetto degli indici di liquidità, così come il tetto alle rose, il pagamento dei debiti sportivi scaduti e la certificazione dei bilanci, stanno contribuendo a rendere il sistema più virtuoso. Tutti i campionati professionistici ora hanno gli stessi parametri e tutti i club sanno che non si torna indietro. Niente deroghe».

Trasparenza negli assetti proprietari, raggiungimento della sostenibilità economico-finanziaria, valorizzazio- ne della dimensione commerciale, potenziamento dell’attività giovanile, incremento dell’impegno sociale mirato allo sviluppo di attività educative, nel quadro della lotta al razzismo e alla discriminazione: sono i punti cardinali della Figc, del lavoro che sta portando avanti al fianco del presidente Tavecchio.

«Con il presidente Tavecchio lavoriamo in sintonia grazie alla divisione dei ruoli, quello politico e quello gestionale. Ci siamo fortemente focalizzati sugli aspetti che competono alla Figc, perché le nostre azioni hanno un forte impatto, a medio e lungo termine sullo sviluppo del calcio italiano. Ad esempio il potenziamento delle nazionali maschili e femminili, la valorizzazione del settore giovanile e scolastico, la scrittura di nuove regole, la riforma della giustizia sportiva, l’ottimizzazione del rapporto con alle- natori e arbitri, senza mai dimenticare il ruolo sociale che ha il calcio perché sentiamo il grande senso di responsabilità che comporta lavorare per e in questo splendido sport».

Gli scenari stanno cambiando: dall’acquisto quasi a senso unico di stranieri alla progressiva riscoperta dei nostri settori giovanili. Logiche che stanno producendo una svolta profonda nelle strategie di presidenti e dirigenti.

«Finalmente. E’ un cambio di mentalità su cui abbiamo investito con provvedimenti concreti, vedi la riforma dei campionati giovanili, ma credo che i risultati rendano orgogliosi innanzitutto presi- denti, allenatori, dirigenti e soprattutto i tifosi. Veder esordire in prima squadra un giovane cresciuto nel proprio vivaio è un grande risultato. Ai giovani va data fiducia, per questo come Figc abbiamo investito molto nelle Nazionali giovanili permettendo ai nuovi talenti di fare preziose esperienze internazionali. La strada è quella giusta e facilmente si integrerà ai risultati dei nostri Centri Federali Territoriali».

L’ingresso di capitali stranieri nel nostro campionato può determinare, a suo giudizio, sotto il profilo economico e manageriale la stessa evoluzione registrata in Premier League?

«E’ un percorso ineludibile per competere a livello internazionale. L’Italia è un Paese affascinante con un’importante storia calcistica e con grandi brand, molto conosciuti all’estero. Mancava la credibilità del nostro sistema per attrarre investimenti. Ora che abbiamo intrapreso la via del miglioramento dell’infrastruttura economica complessiva, gli investimenti esteri sono arrivati anche da noi, se poi riuscissimo a metterci anche quelli infrastrutturali... Ovviamente gli investitori sono benvenuti, ma vigiliamo sulla loro solidità».

Stadi di proprietà e contenimento dei costi dei biglietti, in linea con la complessa realtà economica che sta vivendo il Paese: quale spinta può garantire la Figc per aumentare la presenza di famiglie e bambini nelle nostre tribune?

«Questo è uno degli argomenti che non dipendono direttamente dall’operato della Federazione. Tocca alle Leghe e ai club sviluppare nuove strategie in questo settore. Sono certo che la strada aperta da Juventus, Sassuolo, Udinese sarà seguita da altre società, ma vedo tempi di rea- zione troppo lunghi e talvolta progetti poco sostenibili. Bi- sogna spingere per recuperare il tempo perduto».

La serie B di Abodi ha ottenuto risposte brillanti dal- la scelta di non fermare il campionato durante le feste natalizie. E anche la serie A ha deciso di sposare il format della Premier, piani- ficando una giornata per il prossimo 26 dicembre.
«Va riconosciuta alla Lega B una lungimiranza che ha prodotto risultati lusinghieri. La serie A è libera di pro- varci, sempre nel rispetto della pausa richiesta dai calciatori, ma non riconduciamo allo svolgimento di due gare nel periodo natalizio la solu- zione per risolvere il proble- ma del calo degli spettatori negli stadi».

Perché c’è un divario così profondo a livello di fattura- to e ricavi tra il calcio italia- no e la Premier League, tra noi e la Bundesliga?
«L’intero sistema si è cullato dei soli introiti dei diritti tele- visivi senza investire nella realizzazione di vere e proprie case moderne, gli stadi, dove accogliere i tifosi e sviluppare nuove strategie remunerative all’estero. L’internazionalizzazione è una chiave importante, cosi come la crescita dei settori giovanili. Giovani che provengono dal proprio vi- vaio danno lustro e energia, costano meno e creano plusvalenze».

I nostri allenatori dominano la scena a livello mondiale: Conte è primo in Inghilterra con il Chelsea, Ancelotti è in testa alla Bundesliga con il Bayern Monaco, Allegri ha chiuso il girone d’andata da campione d’inverno con la Juve, Carrera comanda il campionato russo con lo Spartak Mosca, Lippi è il ct della Cina, De Biasi ha por- tato l’Albania all’Europeo.
«Questi risultati, al netto delle capacità dei singoli, sono frutto di una scuola che il mondo ci invidia. Abbiamo otti- me doti nel saperci adattare a qualsiasi situazione: i nostri allenatori sono un’eccel- lenza del movimento calcistico italiano».

Euro 2020 a Roma, Finali Euro 2019 Under 21 in Italia, nuova formula della Champions, che dal 2018-19 restituirà una quarta squadra all’Italia: possono essere letti anche come successi politici della Federazione?
«Sono successi che partono da lontano con l’appoggio a Infantino per il dopo Blatter, con quello a Ceferin alla Uefa e la contestuale elezione di Evelina Christillin quale prima donna europea nel Consiglio della FIFA. A que- sto aggiungerei anche l’orgnizzazione delle due finali di Champions League del 2016 a Milano e Reggio Emilia. Siamo credibili perché lavoriamo seriamente, siamo professionali con i nostri interlocutori europei senza però rinunciare ad un tocco di italianità che fa sempre la differenza. Nella finale maschile abbiamo accolto gli ospiti Uefa con un concerto e una cena al Teatro alla Scala e nella finale femminile gli oltre 20mila spettatori sono stati salutati dal passaggio spettacolare delle Frecce Tricolori».

Figc e centri di formazione: la formula funziona. E ha rappresentato una fon- te di risultati eccellenti per la Francia (campione del mondo nel 1998 e d’Europa nel 2000) e per la Germania (campione del mondo nel 2014 e semifinalista all’ultimo Europeo).

«E’ il punto chiave del programma che stiamo realizzando, rappresenta un investimento strategico che valorizzerà anche tanti altri provvedimenti presi in questi due anni e mezzo. I primi risultati sono bellissimi. Il piano a lungo termine incide direttamente sul rilancio del nostro calcio e a regime prevede l’apertura di 200 centri con un investimento di 10 milioni annui. Sarà la base della piramide delle nazionali e della valorizzazione sportiva ed educativa del calcio, e quando parlo di calcio voglio dire sempre maschile e femminile».

E’ un anno decisivo anche per la Nazionale di Ventura, alla ricerca della qualificazione al Mondiale del 2018 in Russia.

«Rappresenta un obiettivo irrinunciabile, come ha detto il presidente Tavecchio in più di un’occasione. Non si può immaginare un’Italia senza Mondiale e un Mondiale senza l’Italia».

Il peso dell’eredità lasciata da Conte non era facile da gestire, ma il ct Ventura ha saputo affrontare questa fase di rinnovamento anche generazionale con grande sapienza.

«Il passaggio da allenatore di club a Commissario Tecni- co non è stato mai facile per nessuno. Hai poco tempo per lavorare con i giocatori e fai scelte che in pochi giorni decidono le sorti della squadra in cui si identificano 60 milioni di italiani. Nel club puoi permetterti di perdere qualche partita recuperando la settimana successiva, in azzurro tutte le gare sono determinanti. Ventura sta lavorando molto bene, ha dato continuità e visione ad un programma che guarda oltre il presente, ma il presente è altresì importante».

L’idea di organizzare stage rivolti anche ai giovani che giocano in B può rivelarsi un altro fattore di crescita. «Senza dubbio. Siamo partiti con l’obiettivo comune, sia per club di A che di B, difare crescere il movimento e valorizzare i giovani attraverso il dialogo, l’allenamento e l’orgoglio per la maglia azzurra. Con il commissario tecnico Ventura abbiamo lavorato in sinergia, lui ha convinto i tecnici, noi le società».

E’ cominciato il 2017: quali sono le priorità nell’agenda della federazione?
«Il primo obiettivo riguarda ancora i conti, vogliamo chiudere il budget per il nuovo anno senza incidere negativamente sugli investimenti dei Centri Federali, nonostante l’ulteriore taglio dei contributi operato dal Coni. Sarà difficile ma sono convinto che ce la faremo. Altri due asset strategici sono le squadre Nazionali, con le quali continueremo un percorso di valorizzazione e crescita della qualità sia organizzativa che tecnica. I risultati delle giovanili nell’ultimo anno sono stati straordinari. E il calcio femminile, il cui potenziamento è nei nostri programmi di sviluppo, inizia ad avere dei segnali di grande miglioramento sportivo (+ 30% di tesserate under 12, ndr) e culturale. Poi nuovo Museo del calcio a Firenze e rilancio di Coverciano, la casa delle Nazionali. Ma il mio personale sogno sarebbe l’armonia fra tutte le leghe e le componenti federali».

Parliamo della sua esperienza come direttore ge- nerale della Figc: quale bi- lancio può tracciare? «Bellissima esperienza. Un sogno per qualsiasi manager poter lavorare e incidere sulla pratica di quattro milioni di persone, soprattutto sui giovani. Sono soddisfatto dei risultati soprattutto perché li abbiamo ottenuti con un grande e giovane team, coinvolgendo e facendo crescere il nostro capitale umano. Lavoriamo, con forti sinergie con Governo e Coni, per una federazione che deve essere sempre più centrale, credibile a livello nazionale e internazionale, trasparente. L’impegno è costruire il futuro senza tralasciare gli obiettivi più attuali. Abbiamo sviluppato un piano strategico per la crescita che monitoriamo costantemente, ma investire a lungo termine è indispensabile e rappresenta l’unico modo per creare il futuro. Ci riusciremo».


 

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